lunedì 31 ottobre 2011

La donna che visse due volte (Vertigo, 1958) di Alfred Hitchcock

Subito dopo l’insuccesso de "Il ladro" (1956), poco capito da pubblico e critica,Hitchcock decide di tornare subito al thriller, con quello che, ormai  viene unanimemente considerato il suo capolavoro assoluto, "Vertigo - La donna che visse due volte". Tratto da un romanzo di Boileau e Narcejac (gli stessi de "I diabolici" che, secondo una leggenda, Hitchcock voleva portare sullo schermo, ma fu preceduto da Clouzot, per cui i due scrittori si affrettarono a confezionare un nuovo romanzo per lui), il film è un thriller di magistrale fattura e rara efficacia, il cui fascino ipnotico viene potenziato dalla straordinaria storia d’amore, sospesa tra lirismo sentimentale ed onirismo noir. Il protagonista ama a tal punto la donna della cui morte si sente responsabile, che, quando ne incontra la sosia, cerca in pratica di resuscitare la defunta, trasformando la seconda nella prima e venendo così perduto dalla sua incapacità di accettare la realtà. Come si vede ci sono echi di "Rebecca", ma questa è una favola molto più crudele e carica di risonanze arcane, in cui il groviglio di pulsioni morbose che hanno sempre attratto l’autore (voyeurismo, feticismo, necrofilia) viene abilmente dissimulato nella complessità dell’ordito di un film pieno di sequenze magistrali (a partire, naturalmente, da quelle della torre campanaria, nella quale avvengono i due climax narrativi e dove il regista riesce a "visualizzare" le vertigini di cui soffre il protagonista, attraverso la meravigliosa artificiosità delle scenografie e gli ingegnosi espedienti con le lenti fotografiche e il teleobiettivo, alla scena del bacio tra i due protagonisti, col movimento circolare, poi imitatissimo, della macchina da presa e lo sfondo delle onde contro gli scogli). Il così detto "vertigo shot" è stato, in seguito, omaggiato da tanti registi e nei film più disparati, persino ne "Lo squalo" di Steven Spielberg. Una piccola digressione: ricordando il celebre bacio di "Notorious" e quello, altrettanto straordinario, di "La donna che visse due volte", viene da riflettere come proprio Hitchcock, inadatto alla seduzione, fedelissimo alla moglie e affetto da complessi nei confronti delle sue bellissime attrici, sia stato il regista probabilmente più capace di rendere, sullo schermo, la passionalità del bacio in numerosissime varianti (vedi, ad esempio, la folgorante sequenza iniziale de "Il delitto perfetto" in cui Grace Kelly bacia il marito e, poco dopo, bacia l’amante, o quella in cui la stessa Kelly bacia, per svegliarlo, James Stewart addormentato in "La finestra sul cortile", o ancora quella già citata in cui la Kelly (sempre lei!, il regista ne era evidentemente cotto) bacia Cary Grant in "Caccia al ladro". Il transfert psicanalitico attraverso il quale l’autore realizzava le sue fantasie segrete ha prodotto le scene di baci più sensuali della storia del cinema.

Voto:
voto: 5+/5

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