lunedì 1 dicembre 2014

Profondo Rosso (Profondo Rosso, 1975) di Dario Argento

Un giovane pianista inglese che lavora in Italia assiste al feroce omicidio di una medium che, durante una seduta di parapsicologia, era entrata in contatto con la mente perversa di un maniaco omicida. Il giovane prende a indagare sul caso e si troverà coinvolto in una lunga scia di sangue e di orrori, fino a scoprire una terribile verità nascosta nel passato. Capolavoro del thriller italiano e vertice artistico assoluto della carriera di Dario Argento, che qui riesce nell'impresa di fondere alla perfezione il suo stile di esagitato "manierista" con una solida trama intricata ed avvincente, delle musiche memorabili nella loro efficacia e delle immagini da incubo così disturbanti e potenti da entrare a far parte dell'immaginario collettivo. Già dall'agghiacciante prologo, ci si rende conto che si sta per assistere a un'opera magistrale: una nenia infantile, l'ombra di un antico delitto familiare, un coltello dalla lama insanguinata che cade sul pavimento e delle scarpine da bimbo che gli si avvicinano. Ma il film è pieno di sequenze da antologia, per audacia stilistica, crudeltà visionaria e tensione orrorifica, che raggiunge apici ancora ineguagliati nel nostro cinema di genere. Tra omicidi scioccanti di inusitata violenza esplicita ed atmosfere inquietanti sapientemente caricate nei momenti di attesa, quello che più sconcerta è il macabro accostamento tra la psicopatica perversione della mente del killer e la sua psicologia infantile, con cui più volte Argento ci mette in contatto, attraverso suoni ed immagini agghiaccianti, che ci offrono una spaventosa prospettiva degli abissi più oscuri dell'animo umano. La nenia fanciullesca, l'indugiare morboso sui dettagli: l'occhio, i guanti, le bambole, le biglie di vetro, le armi da taglio, la musica martellante dei Goblin (divenuta una delle icone del genere horror) sono tutti elementi che hanno fatto epoca e reso questo film un cult indimenticabile. Malgrado qualche eccesso ed alcuni siparietti trash, è così straripante di genialità e di possente carica oscura da meritare un posto di assoluto rilievo nella storia dell'horror. Fu un grande successo popolare e consacrò Dario Argento come "mago del brivido". E infine due curiosità: Argento avrebbe voluto intitolare il film La tigre dai denti a sciabola, proseguendo sulla scia della precedente "trilogia degli animali", ma la produzione optò invece per il titolo che sappiamo. Se osservate attentamente, magari al rallenty, nella famosa scena del particolare che non viene in mente in cui il protagonista attraversa il corridoio con i quadri nella casa della sensitiva, si può scorgere, per un attimo, il volto dell'assassino.

Voto:
voto: 4,5/5

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