lunedì 31 luglio 2017

L'ultima casa a sinistra (The Last House on the Left, 1972) di Wes Craven

La famiglia Collingwood abita in una casa isolata in una tranquilla zona boschiva dell'estrema periferia di New York. Per festeggiare il suo diciassettesimo compleanno la figlia Mari ottiene il permesso di andare in città insieme alla sua amica Phyllis per assistere a un concerto rock. Giunte nella metropoli le ragazze, mentre cercano di comprare dell'erba da fumare, vengono rapite dal truce Krug, un evaso fuori di testa molto pericoloso, e dalla sua banda di teppisti. Trascinate a forza in un bosco remoto, le due amiche vengono selvaggiamente stuprate, seviziate, picchiate, umiliate e infine barbaramente uccise. Dopo essersi smarriti i criminali, spacciandosi per venditori a domicilio, chiedono aiuto a una coppia di coniugi che vivono nell'unica abitazione che incontrano sul loro cammino. Ospitati dai gentili padroni di casa, i bruti non possono immaginare di essere capitati nella residenza dei Collingwood. Quando il capofamiglia capisce cosa è avvenuto, la sua vendetta sarà pari al torto subito. Famigerato esordio cinematografico di Wes Craven con un'opera controversa, discussa e discutibile per la sua sadica ferocia e per il morboso accostamento di sesso, perversione, violenza e morte che non risparmia nulla allo spettatore in termini di particolari macabri. E' uno dei più tristemente noti film "maledetti" degli anni '70, la cui messa in scena cruda, sporca e brutale colpisce lo spettatore come un pugno allo stomaco. Capostipite del famigerato sotto filone horror "Rape & Revenge", sulla cui scia poi si inseriranno svariati epigoni sempre più orripilanti, è un B-movie crudele e sanguinario di sconcertante voyeurismo depravato, che cerca invano di ammorbidire la sua becera efferatezza con dei ridicoli siparietti comico grotteschi (i dialoghi tra i due maldestri sbirri di provincia) inseriti in modo posticcio tra le sequenze violente, conferendo al tutto un'atmosfera di sordida bizzarria straniante. Ma il colpo di grazia, che davvero oltrepassa ogni limite di decenza, è la presunzione, più volte sbandierata dall'autore dopo il mare di polemiche e le persecuzioni censorie che inevitabilmente accompagnarono il film dopo l'uscita in sala, di aver tratto ispirazione da La fontana della vergine di Ingmar Bergman, e quindi dalla leggenda medioevale da cui la pellicola svedese è tratta. Ogni ulteriore commento sarebbe superfluo. Nel cast da segnalare la presenza di David Hess, attore di culto degli horror di bassa lega, un vero specialista nei ruoli da spietato psicopatico (manco a dirlo qui interpreta Krug). Repellente, grossolano, misogino e reazionario nella sua dozzinale apologia dell'occhio per occhio (con tanto di spudorata pretesa di pistolotto moralistico finale), è il "peccato originale" della carriera di Craven, da cui poi si è saputo ampiamente riscattare facendo la storia dell'horror con le sue successive pellicole. Lo scandalo suscitato dal film e i suoi infiniti problemi con la censura (tra tagli, divieti di ogni tipo e la negazione del permesso di distribuzione nel Regno Unito), ne decretarono, come sempre accade in questi casi, la fortuna commerciale, solleticando la curiosità morbosa del pubblico. Ha persino avuto un remake (meno perverso) nel 2009 diretto da Dennis Iliadis e prodotto da Craven. Per amplificare la fama oscena e il fascino sinistro dell'opera, cercando di attirare ancora più spettatori in sala, i distributori pensarono di scrivere sulla locandina la minacciosa frase "Se non volete svenire continuate a ripetervi: è solo un film, è solo un film". Ma mi faccia il piacere!

Voto:
voto: 1/5

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