domenica 4 gennaio 2015

Una giornata particolare (Una giornata particolare, 1977) di Ettore Scola

Nel maggio 1938, durante la visita di Hitler a Roma, la casalinga Antonietta, madre affaccendata di sei figli, resta da sola perché tutti i suoi familiari e le persone del suo stabile sono andate alla trionfale parata in onore dell’alleato germanico. Conosce per caso Gabriele, radiocronista disoccupato suo dirimpettaio che è in attesa di essere mandato al confino perché accusato di omosessualità. Tra i due nascerà un potente e indefinibile sentimento che metterà a confronto due personalità notevoli quanto dimesse, due spiriti affini capaci di volare alto ma tarpati dal molesto giogo di un ingombrante regime e delle ottuse convenzioni sociali. Ed anche se durerà per un giorno soltanto sarà vero, intenso ed entrambi ne usciranno, in qualche modo, cambiati, prima di rituffarsi nell’ordinario grigiore. Eccellente dramma storico dai toni autunnali, è il capolavoro dell’autore insieme alla celebre epopea di costume C’eravamo tanto amati, ed è una delle vette indiscusse del cinema italiano. Sebbene ambientato quasi tutto in interni, il grande comprensorio popolare dove vivono Antonietta e Gabriele, la contestualizzazione del momento storico cruciale del ventennio fascista è formidabile soprattutto grazie ai dialoghi e all’interpretazione dei due bravissimi protagonisti, Marcello Mastroianni e Sophia Loren, che ne incarnano alla perfezione il plagio ingenuamente subito e la vigile, ma impotente, opposizione intellettuale. I due grandi attori, per l’ennesima volta in coppia sul grande schermo, ci offrono qui una delle loro performance più alte, intense ed espressive. Antonietta è il simbolo perfetto di quell’italietta popolana, ignorante, servile e meschina che fu adeguatamente manipolata dai proclami del Duce. Gabriele rappresenta, invece, quell’elite culturale di sinistra che cercò invano di opporsi e che non si piegò mai completamente, ma fu costretta a soccombere di fronte alla violenza squadrista anche a causa della mancanza di organizzazione. Notevole è anche la scelta registica di far sentire l’onnipresente sottofondo degli apparecchi radiofonici accesi nei vari appartamenti, a volume alto, da cui si ascolta la voce del radiocronista, che commenta le varie fasi della visita romana di Hitler. Tutto questo ha una triplice valenza: ulteriore puntualizzazione dell’ambito storico, angosciante bombardamento psicologico (ovvero il “lavaggio di cervello” subito dal nostro paese in quel tempo) e continuo richiamo alla beffarda realtà rispetto al “sogno” di evasione sentimentale vissuto dai protagonisti. Raffinato e toccante, pregno di una garbata umanità che diventa genuina emozione nelle scene topiche, senza mai ricorrere alla facile retorica populista o al melenso sentimentalismo, impreziosito dalla splendida fotografia virata in seppia, è una straordinaria istantanea di quel mondo che oggi appare così lontano pur essendo temporalmente vicino. La solitudine dei due personaggi, che diventa la chiave di volta per l’avvicinamento prima emotivo e poi fisico, è quello di un’intera nazione smarrita, illusa, ingannata e condotta, per inerzia, suo malgrado, alle soglie del baratro di un conflitto mondiale da cui sarebbe uscita violata, spezzata, martoriata, umiliata, calpestata e mai più la stessa di prima. Antonietta e Gabriele sono entrambi vittime del regime, ma in modo del tutto diverso perché ne è diversa l’estrazione sociale, il ruolo civile ed il livello culturale. Ma tutti e due portano negli occhi il segno dolente della sconfitta ed il presagio di un futuro incerto, spaventoso, a suo modo ineluttabile. E nel loro incontro la solitudine dell’uno si specchierà in quella dell’altro, riconoscendosi in un fugace gemellaggio emotivo. Tra sentimenti e storia, una giornata di fuga dalle rispettive amarezze e dalle rispettive “prigioni” diventa una scintilla di consapevolezza, un barlume di speranza, una suprema illuminazione, che il mondo possa essere diverso, e migliore, di come ci viene presentato e di come il potere ci impone di credere. Ed il finale, per quanto amaro ed inevitabile, contiene un velato alone di fiducia nel domani, una possibilità di risveglio della coscienza, con Antonietta che legge il libro, I tre moschettieri, donatole da Gabriele, ignorando il marito-padrone che la richiama ai suoi “doveri” in camera da letto. Questo splendido inno all’amore ed alla libertà, che si erge a monito supremo contro le dittature, ebbe due candidature agli Oscar (miglior film straniero e Mastroianni), ma dovette accontentarsi del Golden Globe al miglior film. Una curiosità: nella pellicola recita in un piccolo ruolo Alessandra Mussolini, nipote della Loren e del Duce.

Voto:
voto: 5/5

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